Ma tutto questo quanto durerà? Il ciclo di vita di un social.

Punto_di_domanda_2Stamattina appena entrata online, mi ha colpito molto questo post della più brillante “zia” del web, Zia Cin. Ci ha parlato oggi di come il social media marketing possa essere paragonato ad una religione. Vi consiglio di leggerlo, io mi sono ritrovata in molte delle sue considerazioni. Credo però che ci sia un ulteriore spunto di riflessione su cui sarebbe interessante indagare. Le religioni infatti perdurano nel tempo, ma i social? Beh, quelli no. E l’imprevedibilità con cui nascono, è la stessa con cui poi scompaiono per essere soppiantati da altri. Che siano essi nuovi social, nuove mode, nuove tecnologie.

Fino a qualche decina di anni fa tenevamo in mano il cellulare come l’homo sapiens faceva con gli utensili da cucina. Avevamo quasi paura di questo strumento a noi oscuro. Era difficile tenerlo in tasca perché le dimensioni più che ad una tasca erano adatte a quelle di un trasportino. Poi la svolta. La potenzialità delle telecomunicazioni ci ha accolto sotto una delle più grandi scoperte dell’uomo (anche se quando si scoprirà il teletrasporto questo sarà solo fuffa!) l’accorciarsi delle distanze. 

Intorno a questa magnificenza non potevamo restare inermi, bisognava adornare un mondo ancora così inesplorato come quello della tecnologia. Impossibile pensare di rimanere fermi al telefono/saponetta. Bisognava creare interazioni, senso di appartenenza, rastrellare ancor più le distanze. E le migliori risposte si chiamano condivisione e  real time.

Ed eccoci lì ancora ad utilizzare goffamente il computer prima, i portatili, fino ad arrivare agli IPad ed agli smartphone. E poi? E poi c’erano loro, i social network. Delle vere e proprie reti di interscambio tra utenti di tutto il mondo.

Siamo partiti dalle community dove però era l’elité a farne parte, per i comuni mortali non c’era ancora posto. Per risolvere la questione nasce allora “Il mio Spazio” (MySpace). E allora sì che di spazio ce n’era per tutti. Belli (o forse brutti) i tempi in cui la cosa più social da fare era condividere canzoni e messaggi.

Poi però il genio. Mark Zuckemberg con passo felpato frega anche i più grossi colossi ed ha un intuizione geniale. Scova i bisogni più insiti dell’uomo, li osserva, li sfiora. Da a tutti la possibilità di condividere, di essere presenti, di dibattere, di intortare, di fare business. Ci invoglia, ci lascia liberi (?) di comunicare. E il mio spazio? Dov’era finito MySpace? E chi se lo ricorda più il vecchietto.

Una domanda io voglio porla ai miei milioni di lettori :), una domanda che mi stressa dalla mattina appena sveglia alla notte prima di cadere in un sonno profondo (e anche durante quel sonno ci penso). Ma tutto questo, quanto durerà?

Parliamo tutti della potenzialità dei social, con cui anche io mi sto addentrando nel mondo del lavoro e con cui sono d’accordissimo, poi però arriva lei..la domanda. E mi spiazza.

Abbiamo parlato di ieri con MySpace, oggi c’è Facebook, Twitter, domani Pinterest…ma dopodomani? Ci ritroveremo un gruppo di “social-smanettoni” senza lavoro o il web farà uscire dal suo cappello un nuovo bianco coniglio?

Lascio a voi la risposta..

Facebook/Twitter: vi sentite sempre liberi di comunicare?

file000132267159Ultimamente, grazie al fatto che credo di aver avuto un’intuizione geniale, iniziando a creare una professione sul web, mi sono dovuta addentrare nei meandri più oscuri dei social network, captandone le peculiarità ed individuandone i limiti. La frequentazione assidua in particolare di Facebook e Twitter mi ha dato alcuni spunti di riflessione che mi piacerebbe proporvi quest’oggi.

Dove esprimiamo meglio noi stessi?                                                                                                                                                      La prima cosa che ho notato è stata una completa differenza di gestione da parte degli utenti dei due social. Se su Twitter spesso ci si sforza di essere professionali e lungimiranti, su Facebook l’aria che si respira è meno competitiva e più rilassata. Si insomma, ci permettiamo di essere più easy; di mettere una foto in pijama per esprimere la nostra sensualità, di essere meno accattivanti. Su Twitter a volte si ostenta un poco, si è quasi pungenti. Perché il “retweet” da parte di quel personaggio, o di quel professionista vale molto di più di qualsiasi “like“.

Dove ci sentiamo più amati, adulati, apprezzati?                                                                                                                        Ebbene l’amicizia virtuale è molto gettonata, Facebook ci permette di interagire e conoscere persone con cui probabilmente non avremmo avuto modo di poter scambiare neanche una parola altrimenti. Ma il follower è una conquista, e va a toccare quel desiderio profondo insito nell’animo umano, il desiderio di essere apprezzati. Twitter è un corteggiamento continuo, il defollow (quando un utente smette di seguirti) un bel due di picche.

Quando comunichiamo meglio?                                                                                                                                                          Il continuo aggiornamento di feed su Twitter non permette via di scampo. Come e quando pubblicare spesso si rivela fondamentale. Ed io che sono una notturna cronica puntualmente vengo letta poco. Questo si rivelerebbe poco importante se lo si utilizzasse solo a scopo personale. Chi invece punta sul professionale deve essere pronto, puntuale, perseverante. Facebook invece, con la sua Timeline appartiene ai nostalgici, è più legato al passato ed ammetto che in questo lo preferisco. Perché personalmente mi piace scrivere quando ho davvero qualcosa da dire.

Siamo veramente liberi di esprimerci?                                                                                                                                          Ecco qui che arriva il punto nevralgico della questione. La mia risposta scritta di getto è NO.  A parte che qualcuno di noi non appartenga a quella stretta cerchia di fake o profili inventati, mettere il proprio nome e la propria faccia a mio parere è sempre motivo di inibizione da parte della maggioranza di noi. Su Facebook c’è la mamma, la nonna, lo zio, l’amica, il collega..insomma come nella vita offline, c’è il mondo con cui ti incontri/scontri quotidianamente. E spesso capita che si finisca per comunicare a metà. Perché liberi, nel profondo senso del termine, molti di noi non lo saranno mai. Nemmeno sul web. Ricordiamoci, che l’origine di questa parola è “ragnatela grande come il mondo”, forse non a caso.

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“L’uomo è nato libero, ma ovunque è in catene.” Jean-Jacques Rousseau