Se foste donne sareste tutte femministe.

ImageSono una donna. Sono italiana. E in quanto donna e italiana sono nata, cresciuta e programmata per vivere la mia vita in una società in cui dovrò giocare con la Barbie e il Piccolo Forno a 6 anni, essere la più brava della classe a 12, imparare a truccarmi e depilarmi a 15, rimanere vergine fino a 18, sposarmi a 27, avere un figlio e probabilmente rinunciare al mio diritto al lavoro, essere pagata meno rispetto a colleghi uomini e perdere il mio diritto all’uso del telecomando a 50 anni, perché guardo solo stupide commedie americane.

Sono pronta per l’accusa di essere bigotta, bacchettona ma soprattutto femminista tra 3…2…1.

Questo non è un mio pensiero partorito durante una giornata di sofferenza pre-mestruale; ne parlano i dati, le statistiche, ne parlano le donne. Ma pare che sia una concezione talmente radicata nella nostra cultura da essere di difficile sabotaggio. Perché quando se ne parla, sembra sempre che il malcontento sia una pretesa troppo grande, un capriccio di chi cerca l’utopia della parità tra i sessi, una critica da parte di donne con una vita sessuale molto poco appagante.

Perché nemmeno io credo tanto nella parità dei sessi, siamo effettivamente due generi distinti. Ed è giusto che sia così. Uguaglianza sessuale NON significa annullamento. La necessità innata di appartenere all’uno o all’altro sesso deve rimanere intatta. Ma alcune caratteristiche non genetiche si sono sviluppate in seguito, alcune credenze sono frutto di una società che crede poco nell’affermazione femminile. Che associa ancora la donna a forti stereotipi di genere, li culla, li gonfia come una zampogna e li sforna dal calderone che è oggi la nostra società. Una realtà triste, che spesso ci intrappola in un modello. Il problema non è tanto il modello gerarchico tradizionalista in sé. Il problema, a mio parere, è il fatto che oggi, pionieri della tecnologia e dell’ economia, si possa ancora essere ingabbiati in uno schema. Il problema è che di tutto questo ne siamo consapevoli (noi donne) e ne siete consapevoli (voi uomini), ma va bene così.

Provate a digitare la parola “donne” su google. I risultati appariranno dopo pochi secondi. Violenza, rivendicazione di diritti, erotismo, cura della casa. Queste associazioni sono lo specchio digitale di come la società concepisce oggi l’essere donna.

Ma quanto conta l’educazione in tutto questo?

Durante una lezione di sociologia multimediale alla quale ho preso parte qualche giorno fa, un ragazzo svedese ci ha raccontato dell’asilo nido “Egallia”. Una scuola dove l’istruzione è all’insegna della neutralità, dove maschi e femmine possono giocare indistintamente con le bambole piuttosto che con le macchinine. Ovviamente non sono mancate le critiche di ogni sorta. Voi cosa ne pensate?

Io penso che in un certo senso essere donne oggi in Italia sia come fare parte di una minoranza. Io penso che vorrei vivere in uno Stato meno sessista e più umanista, con una religione meno sessista. Perché non abbiamo mai avuto una Presidentessa della Repubblica? Perché mai una Papessa? Io vorrei uno Stato che tutela il diritto di essere madri, mogli, libertine che dir si voglia. Uno Stato che tuteli il diritto al Sé. Io sogno, ma accettare tutto questo non farà che consolidare lo schema.

E ora uomini, rifletteteci su, perché dopo la ceretta, i lavori di casa, il trucco, il parrucco, il pianto dei bambini e le mestruazioni anche voi sareste femministe.